venerdì 2 agosto 2013

La politica monetaria di Draghi avvantaggia l'immobiliare tedesco di Elisa Maiucci www.formiche.net


Non proprio come lascia intendere la Bundesbank del governatore Jens Weidmann. La politica monetaria ultraespansiva della Bce di Mario Draghi non sta svantaggiando l'economia tedesca in crescita. Tantomeno starebbe portando alla formazione di una nuova bolla immobiliare, settore che funziona da termometro per tenere a bada un'inflazione che, del resto, nell'eurozona resta anche troppo bassa.
A illustrare l'andamento del mercato immobiliare, e i vantaggi apportati a quello tedesco dalla crisi dell'eurozona, è un report riservato Deutsche Bank, dal titolo chiaro: «Nessuna bolla nel settore immobiliare tedesco».
Prezzi in fase di normalizzazione. Dopo il loro crollo tra il 1994 e il 2008, i prezzi nel settore immobiliare tedesco sono risaliti in termini reali, con un aumento più pronunciato in alcune aree urbane. Un trend che «ha attirato l'attenzione di investitori tedeschi e internazionali. Insieme alla voce che stesse per scoppiare una bolla immobiliare. Tuttavia, se si paragona l'aumento dei prezzi tedeschi in termini reali con fasi simili in altri paesi Ocse, gli sviluppi recenti rappresentano i valori minimi e dovrebbero essere considerati come una normalizzazione del livello dei prezzi del settore», specifica il report dell'istituto tedesco.
Un aumento limitato dei prezzi. Paragonata con le fasi del boom immobiliare dei paesi Ocse tra il 1970 e il 2012, «la Germania si posiziona all'ultimo scalino con aumenti annui dei prezzi di circa il 2-3% in termini reali». Giusto per dare un'idea, le bolle immobiliari negli Usa (1993-2006) e Irlanda (1994-2007) si sono formate nel lungo periodo, e, dopo lo scoppio, hanno causato grandi distorsioni nei mercati tra il 2006 e il 2007. I prezzi sono cresciuti, nel complesso, del 250% in termini reali in Irlanda (20% annuo), del 120% in Spagna (11% annuo) e del 60% negli Usa (5% annuo).
Nessun effetto negativo con l'attivismo della Bce. «La politica monetaria ultraespansiva della Bce in risposta alla crisi dell'euro ha spinto i tassi al minimo storico, mentre l'attività economica è stata relativamente robusta in Germania». Tuttavia, commenta Deutsche Bank, «ciò non ha scatenato un boom creditizio perché le condizioni per ottenere prestiti bancari sono state comparativamente difficili, come dimostra l'alto livello di depositi necessario per disporre un mutuo». Ma gli investimenti nell'immobiliare sono diventati «sempre più attraenti rispetto ad altri strumenti che garantiscono un'entrata fissa. E sebbene gran parte degli investimenti sia attribuibile ai residenti, il pil tedesco più alto di quello degli altri paesi europei spinge verso il mercato della Germania anche gli investitori stranieri».
La crisi dell'eurozona ha reso la Germania un rifugio per gli investimenti. Del resto, la crisi è «ben lontana dalla sua fine, e la Germania rappresenta un rifugio per gli investimenti». Cosa potrebbe causare la fine dell'incremento dei prezzi? In primo luogo, «un cambiamento demografico, con una domanda in calo legata all'invecchiamento della popolazione e un'offerta che cresce». Un effetto che potrebbe però essere compensato dalla domanda «degli immigrati nel paese». Secondo, «il ciclo potrebbe essere influenzato dalla regolamentazione». Ma potrebbe essere anche «la fine della crisi dell'euro a segnare una svolta. Una ripresa delle altre economie europee potrebbe far deviare gli investimenti dalla Germania e portare a un aumento sui tassi nei mercati, e, di conseguenza, di uno spostamento verso la finanza degli investitori che finora hanno puntato sul mattone». Finché c'è crisi c'è speranza, almeno per l'immobiliare tedesco.

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