mercoledì 31 luglio 2013

Emergenza sfratti per morosità: +70% dal 2007 di Emiliano Sgambato - Il Sole 24 Ore



Sfratti ancora in aumento: nel 2012 sono stati 67.790 i nuovi provvedimenti emessi in Italia (convalide), pari a una crescita del 6,2% rispetto al 2011. E anche se calano del 3,3% gli sfratti portati a termine con l'intervento dell'ufficiale giudiziario (27.695), sfiorano quota 121mila i casi "pendenti" per cui è stata richiesta l'esecuzione. Sono questi gli ultimi dati ufficiali (e ancora in parte incompleti) diffusi dal ministero dell'Interno.
Per il 90% si tratta di casi di morosità, ma in netta ripresa sono anche i provvedimenti per necessità del locatore (1.152), che aumentano del 60% nei capoluoghi, secondo Confedilizia. La tendenza è ancora al rialzo, denunciano le associazioni degli inquilini, come del resto ormai da sei anni a questa parte. Ed è proprio guardando al trend dall'inizio della crisi che meglio si inquadra quello che è sempre più un fenomeno sociale allarmante: secondo un'elaborazione del Sunia, gli sfratti per morosità sono infatti aumentati del 64% dal 2007 al 2011. La differenza del 6% registrata l'ultimo anno, che quindi può sembrare relativamente piccola, va però sommata alla mole di provvedimenti accumulati negli anni precedenti. Inoltre, il fenomeno è ancora più ampio: secondo una ricerca Adnkronos, anche la metà dei proprietari che non ricorrono allo sfratto lamenta spesso ritardi o irregolarità nei pagamenti.
Famiglie in crisi 
«A essere colpiti – commenta il segretario nazionale del Sunia Daniele Barbieri – sono le fasce più deboli: quel 20% di popolazione che vive in affitto è in genere composto da giovani precari, famiglie che non riescono ad accedere ai mutui, immigrati». La fotografia del costante impoverimento degli italiani è stata del resto scattata dall'Istat la settimana scorsa: la soglia di «povertà relativa» si attesta a 990 euro per un nucleo di 2 persone: in queste condizioni vive il 12,7% delle famiglie, contro l'11,1% di un anno fa.

Se si confrontano questi dati con i canoni medi di locazione, è evidente che molte famiglie sono penalizzate da affitti che restano elevati nonostante il trend negativo del mercato. In particolare, negli ultimi cinque anni, gli affitti sono calati del 16% (vedi Casa24 Plus del 27 giugno) ma, soprattutto nelle grandi città, le richieste sono ancora alte. A Roma, ad esempio, secondo le elaborazioni Nomisma,per vivere in 75 metri quadrati ci vogliono mediamente 1.900 euro al mese in centro e 900 in periferia; a Milano rispettivamente 1.600 e 780 euro. Cifre che, secondo il Sunia, sono ancora più elevate e sono frutto di un incremento che, negli anni del boom immobiliare, è andato dal 130 al 150 per cento.
A detenere il record di richieste di esecuzione è Milano, con quasi 18mila casi. Secondo i dati raccolti dal Sicet presso i tribunali, le convalide di sfratto nel 2012 sono state 6.800, quasi duemila in più rispetto ai dati ufficiali, parziali per stessa ammissione del ministero. E il paradosso, per il sindacato degli inquilini milanese, è che nel capoluogo lombardo ci sono 47mila appartamenti nuovi invenduti e soprattutto 5.713 alloggi Aler (ex case popolari) sfitte, di cui oltre 3.700 da ristrutturare, su un totale di 62.500 alloggi pubblici.
Le proposte 
In mancanza di nuove case popolari e con il social housing che non decolla, proprietari e inquilini concordano su alcune misure che potrebbero porre un argine all'emergenza. A partire dall'agevolazione dei canoni concordati, frutto di accordi a livello locale tra associazioni di proprietari e di inquilini. «Per il concordato ci sarebbe bisogno di un'aliquota Imu favorevole per legge a livello nazionale – commenta Barbieri del Sunia – e si potrebbe anche pensare di riservare la cedolare solo a questo tipo di contratto. Potrebbe poi essere utile una maggiore diffusione dei fondi di rotazione, che in alcune città, ad esempio Torino, Bologna e Modena, già hanno dato buoni risultati». In sostanza si tratta strumenti finanziati da enti locali e fondazioni bancarie che, attraverso agenzie ad hoc, intervengono nei casi di morosità: rifondono il proprietario dei canoni dovuti, programmano un piano di rientro per l'inquilino inadempiente e predispongono un contratto meno oneroso. Anche se si tratta di interventi "su misura" di singoli casi, potrebbero nel lungo periodo portare a calmierare i canoni, perché i proprietari avrebbero maggiori garanzie sulle proprie entrate. «La combinazione di queste misure – conclude Barbieri – potrebbe portare a un calo dei canoni del 25% in tempi rapidi».

«Si deve lavorare assieme a istituzioni e inquilini – dice Fabio Pucci, segretario generale dell'Uppi (piccoli proprietari) – per affrontare l'emergenza, che vede da un lato famiglie, ma anche imprese e commercianti, in difficoltà, e dall'altro proprietari che magari hanno investito i loro risparmi sul mattone perché contavano su un reddito aggiuntivo alla pensione». L'Imu, aggiunge Pucci, ha colpito indistintamente le seconde case: «Si dovrebbe invece distinguere tra immobili affittati o tenuti a disposizione. Anche se spesso chi vuole affittare il classico trilocale da 800-1.000 euro al mese non riesce più a trovare inquilini. Anzi, spesso si evita l'azione esecutiva perché si trova un'intesa al ribasso con l'inquilino». Più drastica la soluzione proposta da Walter De Cesaris, segretario nazionale dell'Unione inquilini: Imu azzerata e cedolare all'1% per chi affitta a canoni dimezzati rispetto agli attuali a chi è in difficoltà.
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